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CIOCCOLATO.. BUONO NON SOLO PER IL PALATO!

CIOCCOLATO, NON SOLO PER IL PALATO
CIOCCOLATO: ALIMENTO EVER-BROWN
 
di Dante Bianchi e Mara Rolle
 
“Il cioccolato fa male?” È una domanda che si sente spesso quando si parla del bruno alimento. Il quesito viene rivolto, con un po' di apprensione, a specialisti della nutrizione con il timore che la risposta sia affermativa, il che metterebbe una croce sulla parola cioccolato.
Questo non avviene. Semplicemente perché la risposta è: “dipende”. Infatti ciò che importa è la quantità di prodotto che si consuma in relazione alla vita che si conduce. Prima di tutto occorre avere presente qual è il suo valore nutrizionale.
Il cioccolato è un formidabile combustibile per il nostro organismo per la quantità di energia che racchiude. Basti pensare che una tavoletta di comune fondente (poniamo un tenore minimo di cacao del 55%) è un serbatoio di energia equivalente a circa 550 kcal.
Per capire meglio i nostri consumi energetici seguono alcuni esempi. Stare al computer per un'ora richiede circa 78 Kcal (14 g del fondente preso a esempio), pulire pavimenti per 20 minuti 72 Kcal (13 grammi) o ancora semplicemente stare fermi in piedi per mezz'ora 33 Kcal (20 grammi). Quindi se una barretta o un pezzo di tavoletta viene inserita in una dieta equilibrata e senza eccessi non pesa sul bilancio calorico con tutte le conseguenze che ne derivano. Anzi sono in continua crescita le evidenze scientifiche che tratteggiano il cacao (e il cioccolato) come un cibo pieno di piacevoli sorprese.
 
COSA SONO CACAO E CIOCCOLATO
Delizioso. Così tanto che il medico e naturalista svedese Carl Nilsson Linnaeus, alla storia Linneo, lo chiamò “cibo degli dei cacao”: Theobroma cacao. La parola cacao arriva da molto lontano. Gli Olmechi la pronunciavano presumibilmente così: kakawa. Il suono ha attraversato i secoli per arrivare agli Aztechi che definivano i semi della pianta con la parola cacahuatl. Da qui cacao.
La pianta di cacao cresce nella fascia umida equatoriale e dà origine a frutti verdi, rossi o gialli, a seconda della provenienza, che ricordano palloni da rugby. La botanica definisce il frutto come drupa (esempi a noi vicini sono la pesca, la prugna o l'oliva) e nello specifico si chiama cabossa. Al suo interno si trovano i semi tenuti insieme dalla mucillago, una sostanza bianca mucillaginosa molto apprezzata da alcuni animali che nutrendosene diffondono nell'ambiente le fave di cacao.
 
Per l'uso dell'uomo le fave vengono estratte dal frutto con precisi colpi di machete, vengono ammassate e coperte da foglie di banano quando sono ancora ricche d'acqua e avviate alla fermentazione; durante questa fase si formano numerosi precursori, cioè molecole, che daranno origine agli aromi caratteristici del cacao. Al termine i semi sono ancora ricchi di acqua che viene eliminata in gran parte con la fase successiva. L'essiccazione, quasi sempre naturale, avviene ad opera dei caldi raggi solari della fascia equatoriale. Dura alcuni giorni fino a che l'umidità scende sotto il 7% rendendo così il substrato resistente alla formazione di microrganismi indesiderati. A questo punto i preziosi semi possono essere riversati in sacchi di iuta e raggiungere via nave i Paesi che producono il cioccolato.
Le fave sono tostate ancora intere. La temperatura utile in questa fase è quella che passa dai 100 °C ai 140 °C. Gli aromi, i profumi, del cacao nascono in questo momento delicatissimo a partire dai precursori originatisi durante la fermentazione. Le temperature elevate delle tostatrici seccano e rendono fragile la cascara, la sottile e coriacea buccia che ricopre il seme. Tale rivestimento nella fase che segue, la decorticazione, sarà separato ed eliminato. La parte utile è ridotta in granella e avviata alla raffinazione, il processo che rende la massa di piccoli frammenti solidi una pasta prima e una sostanza fluida poi.
La fase successiva è il concaggio che, come suggerisce il nome, avviene all'interno di conche, recipienti simili a basse e larghe tinozze nei quali il fluido bruno viene continuamente rimescolato. Il processo può durare fino a 72 ore e ha lo scopo di eliminare l'umidità residua e le molecole volatili tra cui gli acidi. Alcuni cioccolatieri aggiungono in questa fase gli ultimi ingredienti per arrivare al cioccolato: la lecitina di soia, lo zucchero e la vaniglia.
 
L'ultima fase della lavorazione del cioccolato è il temperaggio o cristallizzazione. Mediante questo passaggio si ottiene il prodotto finito: omogeneo, lucido, più facilmente conservabile e pronto per essere degustato nel migliore dei modi. Ciò è possibile sottoponendo il fluido dolceamaro a repentine variazioni di temperatura: da 45°C a 26°C e infine 31°C. Solo a questo punto è possibile riversare il preparato negli stampi al fine di dare la forma finale al prodotto che sarà destinato ai banchi e agli scaffali dopo essere stato confezionato.
 
IL BURRO DI CACAO
Per dare forma a tavolette, barrette, cioccolatini e uova il cioccolato viene colato negli stampi dopo essere stato temperato. Cosa dona compattezza e lucentezza al cioccolato? Il burro di cacao che, organizzandosi a livello molecolare in un vero e proprio reticolo cristallino, conferisce le utili e ricercate caratteristiche al prodotto. Se questi non si strutturasse adeguatamente si otterrebbe un cioccolato che in gergo viene definito stemperato. È quello che capita quando il cioccolato si scioglie accidentalmente e si solidifica nuovamente assumendo un aspetto biancastro o con coloriture disomogenee. Il prodotto non è “andato a male”, ma ha subito, a livello molecolare , una ricostituzione disorganizzata dei mattoncini fondamentali del suo “edificio”, cioè dei grassi del burro di cacao. Esattamente le basi strutturali del burro di cacao sono i trigliceridi: tre acidi grassi che si legano a una molecola di glicerolo, anche noto come glicerina. Sono l'insaturo acido oleico, principale costituente dell'olio di oliva, formato da 18 atomi di carbonio e presente nel burro di cacao in misura pari al 35%; l'acido palmitico, saturo con 16 atomi di carbonio, e l'acido stearico saturo con 18 atomi di carbonio. A livello epatico l'acido stearico viene trasformato in acido oleico mediante l'azione dell'enzima stearoyl-CoA desaturasi.
Insieme, gli acidi oleico, palmitico e stearico rappresentano oltre il 95% dei grassi del burro dicacao. Talvolta l'acido oleico è sostituito dall'acido linoleico caratterizzato dall'avere una doppia insaturazione e di appartenere alla famiglia degli omega 6. Da un punto di vista dietetico gli acidi grassi del cacao godono di buona reputazione, tenendo sempre bene presente che il loro apporto calorico è considerevole.
 
UNA GRANDE VARIETA' DI SOSTANZE
È recentissimo lo studio pubblicato in occasione del 242° congresso dell'American Chemical Society in cui vengono elencate le sostanze che definiscono l'aroma del cacao. Sono ben 600 gli odori di partenza che armonizzandosi in varie combinazioni fanno nascere gli aromi dei diversi tipi di cacao. Nel bouquet dei composti volatili ci possono essere odori immaginabili, per esempio di miele o di pesca ma anche insospettabili come sudore umano o cavolo cotto.
Oltre alle sostanze che strutturano l'aroma del cacao ce ne sono altre molto ben conosciute dalla farmacologia. Di seguito ne sono riportate alcune:
- teobromina: prende il nome dalla denominazione scientifica linneana Theobroma cacao. Si tratta di un alcaloide e più precisamente di una metilxantina. Le sostanze appartenenti a questa famiglia agiscono sulla muscolatura liscia rilasciandola, sono cardiostimolanti, diuretiche e stimolano il sistema nervoso centrale. Anche la caffeina e la teofillina entrano in questo gruppo di sostanze e sono contenute nel cacao in quantità modeste;
- feniletilamina: conosciuta anche come ormone dell'amore poiché è causa della tempesta ormonale che si scatena nel cervello degli innamorati. È una neuro amina endogena imparentata con le anfetamine in quanto si lega agli stessi recettori agendo come stimolante;
- anandamide: in sanscrito ananda ha un significato simile a piacere, felicità, beatitudine. L'anandamide è un neurotrasmettitore in grado di indurre stati di euforia. Ha un effetto simile a quello dei cannabinoidi della cannabis;
- serotonina: nella massa di cacao è presente anche la serotonina. È un neurotrasmettitore diffuso il larga misura nel tratto digerente, addirittura si trova nella misura dell'80 – 90% dove viene sintetizzata dalle cellule enterocromaffini. È anche conosciuta come ormone del buonumore e presiede a uno svariato numero di funzioni;
- triptofano: è un aminoacido essenziale per l'organismo umano ed è il precursore della serotonina;
- minerali: il cioccolato contiene un numero assai ampio di minerali. Tra tutti come importanza ponderale occorre di certo citare il magnesio.
 
POLIFENOLI E CAPACITA' ANTIOSSIDANTE DI UN ALIMENTO
Tra gli antiossidanti e più precisamente tra i polifenoli si annovera una famiglia di composti chimici conosciuti come flavonoidi. In natura ne sono stati identificati approssimativamente 4.000 e costituiscono una classe superiore di antiossidanti. Nell'organismo umano frutta e verdura sono i responsabili della capacità di rimozione dei radicali liberi tant'è che nella terminologia scientifica anglosassone vengono chiamati scavengers, spazzini.
Le fave di cacao contengono grandi quantità di polifenoli, purtroppo però durante i processi di lavorazione per la produzione del cioccolato se ne ha una buona perdita  (soprattutto nella fase di fermentazione). Nonostante tutto il cioccolato è uno degli alimenti maggiormente ricchi in antiossidanti.
La presenza di tali benefiche sostanze fa sì che un cibo possa contribuire a eliminare i dannosi radicali liberi. La forza di questa azione può essere misurata con la scala ORAC. L'acronimo sta per  Oxygen Radical Absorbance Capacity in italiano Capacità di Assorbimento dei Radicali Ossigeno. Tale misura è usata dagli scienziati dell'alimentazione per identificare meglio quali cibi offrano una copertura più efficiente contro i radicali liberi. Di seguito è riportata una tabella compilata dall'USDA (United States Department of Agriculture) e aggiornata al 2010.
 
L'ossidazione e i radicali liberi sono ben conosciuti e ampiamente trattati in letteratura scientifica.
È appurato che un intenso processo ossidativo porti al danno cellulare e sfoci nell'insorgenza di malattie neurodegenerative come Parkinson e Alzheimer, cancro o cardiopatie. Prevenire o limitare tale danno con una dieta appropriata a base di frutta e verdura migliora lo stato di salute e può ostacolare l'origine di importanti patologie.
In questi ultimi tempi i consumatori sono diventati molto attenti agli alimenti contenenti antiossidanti. Medici e nutrizionisti consigliano una dieta ricca di cibi vegetali poiché questi alimenti presentano notevoli quantità di spazzini.
Sono stati anche svolti studi sulla relazione tra alimenti e processi di invecchiamento. Tra i più importanti si cita la ricerca condotta presso il Dipartimento degli Stati Uniti del Agriculture Human Nutrition Research Centre e presso la Tufts University di Boston. I risultati di tali studi suggeriscono che consumare frutta e verdura con elevati valori ORAC può aiutare a rallentare il processo di invecchiamento sia del corpo sia del cervello.
 
CIOCCOLATO RICCO DI ANTIOSSIDANTI NATURALI
Da qualche mese sono disponibili prodotti ricchi in antiossidanti naturali derivanti dalla fava di cacao, non aggiunti. In Italia ne è un esempio il cioccolato Oxicoa.
Si arriva a realizzare un cioccolato di questo livello mediante diversi accorgimenti. Innanzitutto si sceglie una varietà di cacao che biosintetizzi elevati livelli di polifenoli. Si cura in campo la raccolta delle fave e la disposizione in ambienti puliti dove far avvenire la fermentazione. Quindi si procede con una tostatura a temperature un po' più basse.
Gli accorgimenti elencati e altri ancora determinano un processo che viene definito gentile. Ciò permette di ottenere una massa di cacao che può contenere una concentrazione di antiossidanti fino a tre volte superiore a un prodotto standard.
 
LETTURA DELLE ETICHETTE
Fascinoso e seducente sono due attributi innegabili del cioccolato. Come se non bastasse, le confezioni che lo proteggono e lo custodiscono tendono a impreziosire ulteriormente il prodotto destinato alla vendita. Foto, disegni e motivi ornamentali sono elementi essenziali del packaging così come è di fondamentale importanza l'etichettatura che informa sull'intima natura dell'alimento.
Gli ingredienti. Secondo la normativa sono elencati in ordine ponderale decrescente.
 
Quasi sempre le etichette riportano prima degli ingredienti il tenore minimo di cacao espresso in valore percentuale. Si tratta della somma di cacao (polvere di cacao) e burro di cacao. Per esempio il cioccolato fondente al 75% di cacao minimo presenta una quantità di zucchero pari a 25% (100 – 75 = 25). Per sapere quanto burro di cacao è presente è sufficiente consultare i valori nutrizionali e se non ci sono grassi di altra natura (nel cioccolato fondente di norma non ce ne sono, nel cioccolato al latte sì) è sufficiente sottrarre il valore dei grassi totali dal 75%, ciò che resta è la sostanza secca del cacao con tutte le sue molteplici componenti. Nel nostro esempio i grassi totali sono 44,2 g su 100 g, quindi 44,2%.
Si fa presente che un cioccolato con più elevato tenore di cacao è certamente più amaro ma anche più ricco in burro di cacao.
Nel cioccolato al latte e cioccolato bianco la situazione è diversa. Intanto tutti e due i prodotti possono essere designati col termine cioccolato in quanto il burro di cacao è sempre presente in quantità utile a dare struttura a tavolette, barrette o cioccolatini. In secondo luogo è presente il latte intero in polvere che porta con sé carboidrati, proteine e grassi che sono propri del latte. Per precisare, il cioccolato al latte contiene ancora il cacao in polvere, anche se in quantità minore rispetto al fondente; mentre il cioccolato bianco è costituito solo da zucchero, burro di cacao e latte intero in polvere più vaniglia e lecitina.
 
 
STORIA ANTICA E RECENTE DEL CACAO
Notizie sulla pianta di cacao provengono dal continente americano dove cresceva rigogliosa allo stato spontaneo nel bacino del Rio delle Amazzoni e dell'Orinoco. Solo più tardi fu portata nell'attuale Messico, nella penisola dello Yucatàn perché venisse coltivata. Conosciuto dall'uomo fin dall'antichità il cacao entra nella cultura della civiltà olmeca intorno al 1000 a.C.,  dove è possibile stabilire un punto di inizio documentato. Da qui secolo dopo secolo attraversa la storia: è conosciuto dai Maya e in seguito dagli Aztechi che lo adoperavano, tanto lo avevano in conto, al pari della moneta corrente. I semi più grossi avevano un reale potere di acquisto. Gli storiografi riportano che con tre fave si poteva comprare un pesce, con dieci giacere con un prostituta e con cento diventare padroni di uno schiavo. Guai a chi frodava il “Tesoro” per esempio falsificando i frutti, svuotandoli dei semi e riempiendoli con sabbia o altro materiale. Anche le imposte erano calcolate su base cacao e calcolate in carga: unità di misura pari a 31-32 chilogrammi. Una carga era il carico massimo che un uomo potesse portare ed equivaleva a 800 semi.
Le fave di calibro più piccolo erano usate per il consumo alimentare ed erano l'ingrediente principale di una bevanda amara che gli aztechi chiamavano xocoatl. La ricetta prevedeva che cacao, acqua e semi di altro tipo venissero miscelati insieme e macinati. Il preparato così ottenuto era versato da un contenitore all'altro fino a che si otteneva una consistenza spumosa.
Oggigiorno in America centrale i kuna, abitanti dell'arcipelago di San Blas nello stato di Panama, preparano una bevanda secondo una tradizione secolare. I kuna mescolano fave di cacao macinate e polpa di banana in acqua ottenendo un composto dolce e cremoso. Mediamente ogni kuna beve al giorno 5-6 tazze del preparato e pare con effetti sorprendenti sulla salute.
Il professor Norman Hollenberg della Harvard University ha studiato il popolo kuna insulare per oltre vent'anni e ha osservato che l'incidenza di malattie legate all'invecchiamento come diabete, cancro e patologie cardiovascolari è molto più bassa rispetto ai loro parenti continentali; tutto ciò tenendo conto dell'età nei due gruppi a confronto.
Le ricerche di Hollenberg pubblicate sull'International Journal of Medical Sciences spiegano che il rafforzamento dei kuna deriva dai polifenoli, antiossidanti contenuti nel cacao. Più precisamente le molecole chiave sono i flavonoidi e la loro massiccia assunzione - con le circa 40 tazze a settimana - entra nei meccanismi di attivazione del sistema ossido nitrico di cui sono note le proprietà di vasodilatazione e di inibizione di aggregazione piastrinica.
“L'invulnerabilità” alle patologie cardiovascolari ha attirato l'attenzione della comunità scientifica americana che a San Blas ha fondato un istituto di ricerca e protezione dei kuna affinché la popolazione amerinda sia minimamente intaccata dal processo di globalizzazione e rimanga integra come patrimonio di indagine scientifica.
 
CIOCCOLATO E SISTEMA CARDIOCIRCOLATORIO
Il Paradosso Francese illustra una situazione singolare in materia di epidemiologia. Ossia i cugini d'oltralpe, in particolar modo del sud ovest, nonostante abbiano un'alimentazione ricca di burro (quindi di grassi saturi) hanno una bassa incidenza di cardiopatia ischemica. La spiegazione va ricercata sempre nella loro dieta. Infatti bevono regolarmente vino rosso, il quale contiene importanti quantità di antiossidanti. Anche il cacao mostra un effetto riducente sull'insorgenza di malattie a carico del sistema cardiocircolatorio. Più in dettaglio la lipoproteina a cui si addebita la causa di malattie vascolari è la LDL (LowDdensity Lipoprotein – lipoproteina a bassa densità) il cui ruolo fisiologico è quello di trasportare  trigliceridi e colesterolo nel sangue. L'ossidazione a carico di questa struttura molecolare concorre alla formazione della placca ateromasica e sfocia nella patologia ischemica. Studi in vitro hanno messo in evidenza come l'inibizione del processo ossidativo esercitata dai flavonoidi protegga le proteine LDL.
A tale proposito un mito da sfatare è che il cioccolato fondente contenga colesterolo: lo contengono prodotti a base di cioccolato al latte poiché in essi sono presenti tutte le sostanze proprie del latte.
Inoltre alcune evidenze cliniche mettono in rilievo la capacità del cacao di ridurre la pressione sanguigna. Uno studio pubblicato su Circulation a opera di Flammer et al. riporta la seguente conclusione: “Il cioccolato fondente induce vasodilatazione coronarica, migliora la funzione vascolare delle coronarie, e diminuisce l'adesione piastrinica due ore dopo il consumo. Tali benefici effetti furono registrati parallelamente a una riduzione significativa dello stress ossidativo del sangue e furono positivamente correlati alla concentrazione sanguigna di epicatechina (flavonoide caratteristico del cioccolato n.d.r.)”.
 
CIOCCOLATO E INTESTINO
Un recente studio pubblicato sull' International Journal of Food Microbiology dona al cioccolato una possibilità in più di impiego in materia di enterologia.
È risaputo che per stabilizzare un dismicrobismo intestinale con contributi esterni di fermenti lattici è opportuno procedere con massicce dosi di probiotici. Il motivo è da ricercare nella decimazione di fermenti che avviene durante il transito nell'ambiente acido dello stomaco. Per compensare questa situazione è partita una vera e propria gara, a ragione, tra le aziende del settore con un continua serie di rilanci. Miliardi su miliardi di cellule contenute in fiale, capsule e flaconcini.
Una strategia in più per eludere l'acidità gastrica è proposta dal gruppo di ricercatori dell'Università belga di Ghent. Il Prof. Possemiers e collaboratori hanno escogitato un metodo per ovviare a questo inconveniente rendendo ai probiotici la vita un po' più semplice. Ossia ha creato un vero e proprio “cavallo di Troia” in grado penetrare il tratto digerente con minori perdite.
Come? I batteri sono stati incorporati nel burro di cacao del cioccolato e ciò ha conferito una valida protezione dai succhi dello stomaco.
Nello studio si è testata una miscela di due batteri, il Lactobacillus helveticus CNCMI-1722 e il Bifidobacterium longum CNCMI-3470, microincapsulati e poi incorporati nel cioccolato, sia fondente che al latte. Una parte della miscela è stata aggiunta a una bevanda al latte per creare un controllo. Per misurare la quantità di batteri durante il transito dell'apparato digerente è stato usato un simulatore SHIME (Simulator of the Human Intestinal Microbial Ecosystem), un'apparecchiatura che crea condizioni molto simili a quelle che si possono incontrare nell'ecosistema del tratto digerente umano.
I risultati ottenuti sono i seguenti; la sopravvivenza dei lattobacilli e dei bifidobatteri che transitavano nel cioccolato, protetti dalla matrice di burro di cacao, è stata rispettivamente del 91% e dell'80% rispetto al 20% e il 31% dei probiotici che si trovavano nel latte.
Lo studio del Prof. Possemiers apre a nuove strategie per rendere più efficace il raggiungimento dei probiotici dei distretti del colon, e magari, più piacevole l'assunzione di questi piccolissimi ma utili esseri.
 
CIOCCOLATO E CARIE
Lavarsi i denti è sempre bene dopo aver consumato dolci poiché gli zuccheri sostengono i batteri del cavo orale. Per esempio lo Streptococcus mutans sfrutta il glucosio dello zucchero per il suo metabolismo rilasciando acidi che intaccano la salute del dente.
Recenti studi danno al cacao una valenza in più. Infatti lo streptococco chiamato in causa produce il lucano, una molecola adesiva che concorre alla formazione della placca. Ebbene i tannini del cacao sono in grado di bloccare il lucano e quindi di prevenire la formazione della placca.
Negli ultimi anni sono comparse tavolette e barrette di cioccolato edulcorate efficacemente con polialcoli di cui il maltitolo è il più diffuso. Oltre ad avere la metà delle calorie del saccarosio, il maltitolo è una molecola acariogenica. Non permette il proliferare dei batteri che portano a degenerazione dei tessuti duri dei denti; altra nota positiva del novello dolcificante è la sua origine naturale.

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